Consiste nell’iniettare sotto pressione un metallo liquido in uno stampo metallico e nel lasciarlo solidificare. Il getto e il canale di colata ad esso collegato vengono poi espulsi, lo stampo chiuso e il ciclo ripetuto.
L’uso dell’alta pressione per riempire sia la cavità che i vuoti dovuti al ritiro da solidificazione dà la possibilità di ottenere sezioni a pareti sottili. Con le leghe di zinco (zama) si ottengono sezioni di uscita molto sottili e minuscoli canali di colata eliminando le materozze. Ne risulta un processo a ciclo rapido ad alta produttività.
La pressione esercitata sul metallo fuso durante la solidificazione consente un veloce scambio termico con lo stampo, raffreddato ad acqua con circuiti interni, e dunque velocità di raffreddamento elevate. I getti pressofusi sono perciò caratterizzati dall’avere una struttura dendritica e cristallina molto più fine dei getti colati in gravità.
La stessa pressione consente anche alla frazione liquida di compensare il ritiro di solidificazione, minimizzando la formazione di porosità da ritiro.
I moderni sistemi di fusione che fanno uso di tecniche computerizzate di previsione consentono di produrre getti precisi fin dal primo colpo. Inoltre essi garantiscono una produzione di getti sempre uguali in quantità superiori alle centinaia di migliaia.
Si usano due tipi di macchine per la pressofusione. Quelle a camera calda impiegano un gruppo iniezione sommerso nella lega liquida per riempire lo stampo e applicare la pressione necessaria nella fase di solidificazione.
Quelle a camera fredda necessitano di una quantità predeterminata di metallo fuso che viene trasferita da un forno di attesa alla macchina, per ogni ciclo di colata.
Il processo a camera calda raggiunge ritmi di produzione più elevati rispetto ad altri sistemi.